NEBBIOLO: i vini, la storia, le varieta'

La storia del Nebbiolo ha radici antiche e il suo benefettore ha origini molto nobili. Fu infatti il Conte Cammillo Benso di Cavour, nel 1830, che grazie all’aiuto dell’enologo francese Odart, diede vita al primo Barolo, così migliorando i processi di coltivazione e produzione di questo incredibile vitigno.
Il Nebbiolo è soprattutto l’identità di un territorio, se si parla di Nebbiolo il rimando è, infatti, immediato al Piemonte, e a qualche piccolo spruzzo di terra lombarda. Solo in queste terre sa esprimersi e solo in queste terre sa vivere. La “nebbia” da cui trae il suo stesso nome, si trova solo qui, quasi sempre presente durante il tempo della sua vendemmia.
E già perché i grappoli per arrivare alla loro giusta maturazione, fanno si che la vendemmia possa protrarsi fino a novembre dove la nebbia tipica del nord la fa da padrone. La foglia della vite si presenta di dimensioni medie a forma principalmente pentagonale. Il suo grappolo è compatto e di grandezza media, costituita da una sola ala, mentre il singolo acino di colore blu / nero si presenta una buccia molto sottile e alquanto pruinoso.

UVA NEBBIOLO

Un vitigno molto delicato, che rispecchia le caratteristiche dell’ambiente in cui cresce, così da dare vini dal colore rosso rubino, vini differenti tra loro per profumo e struttura , accomunati in genere dagli odori floreali, dai sentori balsamici e da una costante tannica fine ed elegante.
Sono sette le DOCG del Nebbiolo, 22 le sue DOC, e numerose IGT.
Le zone di produzione del Nebbiolo più conosciute sono:


IL NEBBIOLO IN PIEMONTE

La superficie coltivata non supera il 3% dell’intero territorio ed è divisa tra Langhe, Roero e Alto Piemonte.
Alto Piemonte
Tra le zone di Vercelli e Novara il nostro Nebbiolo prende il nome di Spanna, così è chiamato, infatti, nelle sue zone di produzione di Boca, Bramaterra, Fara, Gattinara, Ghemme, Lessona e Sizzano.
Cresce su terreni meno calcarei e argillosi rispetto ai terreni vicini delle Langhe e Roero e più rocciosi
Le Denominazioni? Come detto ce ne sono molte, io mi limito a segnalarle alcune, le due DOCG Ghemme e Gattinara dove il Nebbiolo si mischia anche con un po’ di vespolina, con vini molto fini e tannini gentili (dovuti soprattutto alle forti escursioni termiche)  e una piacevolissima mineralità, poi le due DOC di Boca e Fara dove l’intensità dei profumi è maggiore, e note acidule più presenti, spezie e odori fruttati di bacche rosse.
 

Langhe e Roero

Nella parte meridionale del Piemonte, nelle Langhe esistono quattro biotipi di Nebbiolo.

Le Langhe e nello specifico La Morra

1) La varietà più diffusa è  il Lampia.
Il grappolo è grande e lungo. Da vita a vini di notevole equilibrio tra morbidezze e durezze.
2) il Michet.
Lo si intuisce dal nome stesso (michetta) e qui il grappolo è molto più largo che lungo, assomiglia a una piccola pagnotta. Alta concentrazione di polifenoli nei suoi grappoli (sempre nei limiti di quelli che possono esserci in un uva nebbiolo che in ogni caso è per antonomasia povera di antociani, i responsabili principali del colore), ma la produzione è molto scarsa visto che le rese per questo vitigno sono bassissime.
3) il Rosé.
Un biotipo ormai in estinzione, qui la povertà di antociani è ancora più palese
4) il Bolla, ormai non presente neppure più nei Disciplinari di produzione.
Nelle Langhe  il Nebbiolo, secondo il disciplinare, prende il nome di DOCG Barolo e Barbaresco e in DOC Nebbiolo D’Alba.
Se andiamo invece  alla sinistra del fiume Tanaro,  troviamo il Roero e qui il Nebbiolo è disciplinato in Roero DOCG.
 

IL NEBBIOLO IN LOMBARDIA

Valtellina
Qui il Nebbiolo prende il nome di Chiavennasca e la viticoltura è ai limiti dell’eroico: terrazzamenti ripidi tra le montagne dove le difficoltà di coltivazione sono davvero ai limiti dell’estremo.
I vini da profumi fruttati note di terra, da incredibile freschezza e sapidità.
Il fatto che l’affinamento minimo sia di soli 25 mesi ci fa capire che le uve non hanno e non puntano alla stessa ricchezza polifenolica di quelle piemontesi, ma compensano in acidità e profondità di profumi grazie ad una escursione termica notevole.
 
Due le DOCG  lo Sforzato Di Valtellina e il Valtellina Superiore. Vi ricordiamo qualche nome, così da rendervi più agevole, la comprensione quando siamo al ristorante di fronte a una carta dei vini. Sono vini meneghini  ”al nebbiolo”  il Sassella  (vino sottile e fine)  il Grumello (dai tratti più acidi e minerali), l’Inferno con una struttura più complessa e possente,  e dirigendosi più verso est della Valtellina il Valgella  (leggero e profumato), ottimo anche lo Sforzato di Valtellina, Sfurzat, che è prodotto con i migliori grappoli raccolti e poi fatti appassire per tre mesi sui graticci, e con alemno 12 mesi di affinamento, come da Disciplinare dello Sforzato.
 

IL NEBBIOLO IN VALLE D’AOSTA

Piccole quantità sono presenti anche in questa zona, dove il Nebbiolo prende il nome di  Picoutener o Picotendro.
Come in Valtellina anche qui è molto impervia la coltivazione, proprio per questo molti agricoltori hanno deciso, purtroppo di abbandonare. Eppure qui il Nebbiolo si esprime in una forma intensissima, tannini evoluti, note di ciliegia sotto spirito, spezie, il richiamo classico alle note di terra, e quella inconfondibile sapidità propria dell’aria di montagna.
 

IL NEBBIOLO NEL MONDO

Come vi abbiamo detto è un vitigno che impiantato altrove, non è in grado di esprimersi, anzi, a mio dire, impiantato altrove non può definirsi neppure nebbiolo. Comunque potreste trovarmi dinanzi ad una bottiglia di Nebbiolo prodotto in Sud America e qualcosina anche in California. Se vi capita fatemi sapere. Non saprei dire come possa essere.
 
Come bere il Nebbiolo, un consiglio per goderne al meglio: se bevete un Nebbiolo giovane non superate i 16°-18° di temperatura di servizio, assestatevi sui 18°-20° per vini Nebbiolo invecchiati e più strutturati.


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